25 gennaio 2007

Il nuovo calcio che piace alla Pravda rosa

Ora ci sono i dati ufficiali a dimostrare il danno che le procure e i bar dello sport colorati di rosa hanno fatto al calcio italiano.

Rispetto all'anno scorso – l'anno del bellissimo campionato falsato dalla sentenza della Federcalcio di Guido Rossi preannunciata sulle colonne della Pravda rosa – gli abbonamenti negli stadi di Serie A sono diminuiti del 17.5%, gli spettatori paganti allo stadio sono diminuiti del 10% e sono calati anche i valori dei contratti Pay tv.

I dati provengono da Mediaset, che a causa di questo disastro ora vuole pagare di meno i diritti e ha chiesto i danni alla Federcalcio (ma li dovrebbe chiedere anche a Paolo Liguori, però). A questi numeri vanno aggiunti la fuga all'estero di grandi calciatori, non rimpiazzati, il calo degli ascolti in televisione e la risoluzione dei contratti per la trasmissione delle partite italiane in Inghilterra e in Spagna (per mancanza di interesse).

Tutto questo, fate attenzione, nell'anno del trionfo mondiale, quando cioè ci sarebbe dovuto essere un boom del settore calcio, grande entusiasmo, passione eccetera. Questi cali, dunque, valgono il doppio, se non il triplo. Anzi pesano ancora di più, perché questo non è soltanto l'anno del trionfo mondiale, ma in teoria anche quello in cui finalmente i campionati avrebbero dovuto essere avvincenti, puliti e non decisi da Moggi.

Gli stadi vuoti e gli ascolti bassi dimostrano che a questa barzelletta hanno creduto solo i giornalisti sportivi. Chi paga per vedere il calcio preferisce quello precedente, quello in cui i campionati si vincevano sul campo, non a tavolino né a Tavaroli. Manca solo un dato a completare la fotografia del disastro: quante copie ha perso la Gazzetta dello Sport?


Fonte:
http://www.ilfoglio.it/camillo/
Cristian Rocca
24 gennaio

19 gennaio 2007

CARO MORATTO :

COME FAZZ NU 5+1 TI PAGO UNA QUARTARA DI CAFFE'.
COSI' TE SVEGLI !


LADRI DI EMOZIONI

CAMPIONI D'ITALIA_ SUL CAMPO

Sulle colonne di Tuttosport, Christian Rocca, noto editorialista de "Il Foglio" e grande tifoso bianconero interroga ancora una volta il presidente della Juventus, in merito allo scandalo dei bilanci taroccati da quell'onesto maneggione di Moratti.

La solita domanda a Cobolli _ TUTTOSPORT, 19 gennaio 2007

Un vecchio adagio dice che domandare è lecito, rispondere è cortesia. Dopo quasi due mesi di silenzio da parte del presidente Giovanni Cobolli Gigli, mi sa che la cortesia di rispondere a una domanda semplice semplice - “quanti scudetti ha vinto la Juventus, 29 o 27?” - evidentemente non rientra nell'operazione simpatia avviata con successo dalla nuova dirigenza juventina.

Nemmeno ora che tutti - tranne la Pravda rosa che si trova sui banconi del gelato nei bar dello sport - provano imbarazzo per chi, oltre allo scudetto, si è appropriato anche del titolo di Squadra Immacolata, naturalmente anche questo conquistato a tavolino, visto che sul campo si ricordano piuttosto una patente ricettata, un passaporto falsificato, una condanna penale patteggiata, pedinamenti commissionati a un dirigente Telecom oggi in attesa di giudizio, ipotesi di reati finanziari e anche la vendita fittizia del proprio marchio a una società di comodo.

Tra l'altro, gli Immacolati non si sarebbero potuti iscrivere al torneo aziendale di quest'anno se, come ha scritto il Sole-24 Ore, non fosse arrivato uno sconto di 60 milioni di euro accordatogli da un ex membro del consiglio di amministrazione, diventato nel frattempo Commissario della Federcalcio, e poi tornato in Telecom, ma solo dopo aver consegnato lo scudetto vinto regolarmente sul campo dalla Juventus.

Continuo a sostenere che le procure debbano restare fuori dal calcio, anche nel paradossale caso degli onesti indossatori di scudetti altrui. Pensate al povero Ibrahimovic: a causa di inchieste di ogni tipo non sa se è stato campione d'Italia, non sa se lo è, non sa se lo sarà mai. Meglio restare sul calcio giocato, proprio per questo ripeto al presidente della Juventus la domanda calcistica che gli posi su queste colonne il 28 novembre scorso: “Signor Cobolli Gigli, quanti scudetti ha vinto la Juventus: 29 o 27?”.

E' così difficile rispondere? A me pare di una semplicità e di una linearità pari all'azione con cui l'anno scorso, a San Siro, Mauro German Camoranesi fece fesso uno dei 18 argentini di Mancini e mise al centro la meravigliosa palla con cui poi Ibra si inghiottì altri tre sudamericani per il gol dell'uno a zero.

Mi chiedo come mai Cobolli non risponda e, inoltre, perché non abbia sentito il dovere di smentire il giornale di famiglia, La Stampa, che lo avrebbe visto applaudire, in Lega, la consegna della Coppa dello scudetto a Massimo Moratti. Mi chiedo, ancora, perché non rivendichi gli scudetti sottratti.

Mi chiedo, insomma, di che cosa si occupi Cobolli se non di questo? Ripeto ancora una volta la domanda: ventinove o ventisette, signor presidente? Se la risposta fosse ancora il silenzio, aumenterebbe il sospetto che sia vero quanto si dice a Torino e altrove riguardo alla farsa chiamata calciopoli con cui è stata condannata soltanto la Juve, e un po' la Fiorentina, malgrado i giudici non avessero trovato né una partita truccata né un arbitro colpevole di aver aiutato i campioni d'Italia (quelli veri).

Il dubbio di cui parlo sappiamo tutti qual è. Abbiamo visto tutti che la Juve non s'è difesa. Abbiamo visto tutti la liquidazione degli uomini di Umberto Agnelli. Abbiamo visto tutti che la Juve ha chiesto di essere condannata, malgrado non ci fosse “uno straccio” di prova come aveva scritto la procura di Torino.

Abbiamo visto tutti come è stata fatta cassa, smantellando la migliore squadra degli ultimi 15 anni.
Abbiamo visto tutti che non è stato detto nulla al momento dello scippo degli scudetti. Abbiamo visto tutti la rinuncia al Tar e poi anche al Tas e poi a qualsiasi altra cosa potesse servire a ristabilire la verità sportiva, cioè che la Juventus quegli scudetti li aveva vinti regolarmente e meritatamente sul campo.

Insomma c'è il sospetto concreto che il ruolo della Juve in calciopoli sia stato più dalla parte delle guardie che tra i ladri. Fino a prova contraria non è così, ovviamente. Ma per smentire queste voci, acquisire un minimo di credibilità per il futuro e fidarsi degli ottimi progetti industriali di Jean Claude Blanc, basterebbe che il presidente Cobolli rispondesse “29 scudetti” alla mia domandina facile facile. E che poi li rivendicasse uno per uno, mostrandoli sulla divisa, in sede e allo stadio.

Christian Rocca
http://www.ilfoglio.it/camillo

18 gennaio 2007

ONESTA A TAVOLINO

Fuori le procure dal calcio, please. L’abbiamo scritto quando c’è stata l’immonda gogna mediatica di questa estate, quella che voleva far credere che la palla non fosse rotonda, lo ripetiamo adesso che la procura di Milano ha messo sotto inchiesta l’onesto Moratti, ma anche i dirigenti del Milan, con l’accusa di aver falsificato il bilancio delle loro squadre di calcio, attuando uno stratagemma senza il quale non si sarebbero potuti iscrivere al campionato di serie A di due anni fa.

Il doping amministrativo non è una novità nel mondo del calcio, vista la volubilità degli asset (i calciatori) delle società sportive. Nel passato altre squadre sono state coinvolte, Roma e Lazio, ma soprattutto la Fiorentina, una società che pochi anni fa è stata cancellata (non per falso in bilancio, ma perché il bilancio non reggeva) fino al Torino che è stato costretto a perdere tutto e poi, grazie al lodo Petrucci, a ripartire dalla B.

La squadra di Moratti, tra l’altro, ha avuto problemi di creatività di bilancio già questa estate, insieme col Milan, nel pieno di calciopoli. La Covisoc, ovvero la Consob del calcio, aveva scoperto una vendita fittizia per 158 milioni di euro del marchio Inter a una società controllata dallo stesso club. I controllori avevano chiesto la ricapitalizzazione di 100 milioni di euro, pena la non iscrizione al campionato in corso.

La Federcalcio di Guido Rossi, secondo il Sole 24 Ore, ha trovato il modo di fare uno sconto del 60 per cento a Moratti, poco prima di regalargli lo scudetto vinto sul campo dalla Juventus.Ma oltre a toghe e Savonarola, sarebbe il caso che stessero fuori dai campi di gioco anche i moralisti che poi magari si rivolgono al capo della sicurezza Telecom per far pedinare calciatori, arbitri e dirigenti.

Massimo Moratti è già petroliere e ambientalista, oltre che industriale e compagno del subcomandante Marcos, per non dire di Hugo Chávez, ma da patron dell’unica squadra condannata per aver ricettato una patente e falsificato un passaporto di un calciatore, il paradossale titolo di Cavaliere dell’Onestà pare francamente una definizione guadagnata a tavolino.

CAMILLO
FOGLIO, 18 gennaio 2007
http://www.ilfoglio.it/camillo/

16 gennaio 2007

NON MOLLARE _ Da "L'ego di napoli "

L'Italia è il paese delle inchieste , delle indagini spot, delle intercettazioni facili, delle procure chiacchierone, delle sentenze discutibili e del conflitto di interessi.

Dopo tangentopoli ecco Calciopoli. Scottanti rilevazioni telefoniche desunte dal cannibalismo d'inchiesta, mettono alle corde un sistema corruttibile. Il bussines ha sostituito lo sport, gli interessi economici, la pubblicità , il marketing, ha spazzato via il candore e la purezza della partita domenicale. Tutto si puo' ed il fine giustifica i mezzi.

Ma deve esserci un limite all'ipocrisia ed alla cultura dell'iniquità. Sono queste motivazioni che hanno mosso la mia associazione – l’EGO DI NAPOLI - ad adire la giustizia amministrativa affinchè possa far chiarezza su di un provvedimento (assegnazione scudetto all'Inter) assolutamente poco limpido e chiaro.

Gli stessi giocatori della squadra nerazzurra sostengono che il tricolore debba essere il riconoscimento sportivo garantito alla vincitrice di un torneo sul campo non nei palazzi.

Alcuni tifosi chiaramente di parte ritengono che il sottoscritto sia mosso da un odio (sportivo) contro la loro squadra del cuore quando è esattamente il contrario. La signorilità della dirigenza e l'estraneità assoluta ai fatti, determinanti e generanti lo scandalo del calcio contemporaneo, sarebbero state acclarate e riconosciute per aver rifiutato un premio ''macchiato di corruzione''.

Il ricorso al Tar, ove mai venisse accuratamente e liberamente discusso con un atto di coraggio della magistratura, potrebbe accertare e confermare una volta per tutte se esiste realmente la pecorella smarrita ingenua ed immacolata di nome Inter. In caso contrario potrebbe smascherare l'ignobile tentativo di scalata al potere.

Oggi indiscutibilmente ricoperto.Sono convinto, cosi come lo è la stramaggioranza degli italiani, che nel merito il mio ricorso sia assolutamente fondato poichè il provvedimento commissariale di assegnazione dello scudetto all'Inter è un atto viziato da carenza di motivazione e soprattutto perchè basa le sue ragioni (o meglio quelle di Rossi) sulla scorta di quanto sostenuto nel parere dei tra saggi nominati dall'ex commissario.

Nella realtà il parere pro-veritate sostiene l'esatto contrario di quanto affermato da Rossi. Lancia un monito al professore avvisandolo di godere di un potere discrezionale tale da poter NON ASSEGNARE il titolo ove mai rinvenisse in altre squadre, dopo Juve e Milan, comportamenti poco lipidi seppur non sanzionati.

A questo punto nasce spontanea la mia domanda. Possono essere definiti comportamenti poco limpidi contrari all'etica ed alla morale reati come frode allo stato, contraffazione di documenti, intercettazioni pirate ecc.?Le mie palesi ragioni vengono confortate anche dalle difese degli avvocati della Figc e dell'Inter volte unicamente a non entrare nel merito della questio sollevando eccezioni preliminari come l'incapacità della mia associazione a stare in giudizio. Sostengono infatti che al Tar potrebbero rivolgersi, concluso l'iter della giustizia sportiva, solo associazioni riconosciute dalle federazioni. Una sorta di intoccabilità .

Il mammasantissima nello sport. Ho ampiamente documentato e tentato di scardinare le difese avversarie soprattutto invocando il rispetto di principi garantiti dalla Costituzione. Certamente tali eccezioni non avrebbero potuto rivolgerle se al posto della mia associazione vi fossero società di calcio interessate. Mi riferisco alla Juventus e perchè no alla Roma. Infatti se il professore si fosse attenuto a quanto suggerito dai tre saggi ed avesse ritenuto l'Inter per i fatti risaputi non meritevole del premio riconosciuto, alla società giallorossa (per la posizione di classifica) sarebbe spettata la proclamazione.

La mia ultima affermazione non vuole affatto criticare e muovere appunti sulla ragionevolezza delle decisioni delle società ipoteticamente interessate ma mira esclusivamente ad alimentare la discussione.A voi tutti sottopongo una domanda: se la Roma si fosse classificata prima dell'Inter lo scorso campionato e si fosse macchiata di comportamenti poco limpidi, il professore Guido Rossi cosa avrebbe fatto?Ai posteri l’ardua sentenza
Raffaele Di Monda_

www.egodinapoli.it