21 dicembre 2006

AMARCORD


Juventus F.C. 1897
Una sola fede, una sola maglia, un unico grande amore.
Giuuann - Umber - V'ttorije e Gianfull .
Inchinatevi !

20 dicembre 2006

Ciao


L’ultimo saluto ad Alessio e Riccardo
Oltre un migliaio di persone questo pomeriggio hanno raggiunto il Duomo di Torino per salutare per l’ultima volta Alessio e Riccardo. Tutta la Juventus era presente: giocatori, tecnici, dirigenti.


E’ stata una cerimonia toccante, durante la quale i compagni di squadra e di scuola hanno letto ricordi e pensieri dedicati ai loro amici. Pubblichiamo di seguito le parole scritte da un ragazzo della Berretti della Juventus e dedicate al suo capitano, Riccardo Neri.
Bei ricordi in un anno e quattro mesiiniziando dal primo ritiro in camera a fare gli scemi,ogni tanto una chiacchierata piacevole e simpatica.Tu eri così…allegro, sorridente, anche vincente…


Lo scudetto è il ricordo perfetto.Delle volte facevi follia Scroccando qualche merendina in camera mia,l’ultima fotografia è una pizza in compagnia.La passione è stata il tuo dolore,la consapevolezza di ognunoè che anche lassù sarai il numero 1.Tutto questo non lo meritavi,delle volte la vita è ostile nei confronti di chi ha tanta bontà,lassù la tua stella ogni sera brillerà…la forza per essere qui a leggere queste paroleme l’hai data Tu e ti ringrazio di cuorel’ultima cosa che vorrei fare è salutarti e onorare un ragazzo da stimare.Ciao Capitano .
Mio Capitano.

dal sito ufficiale : www.juventus.it

Dalla " ZOZZETTA DELLO SPORCO " 20/12/06

VERDELLI E CANNAVO' SI SONO TOLTI IL PROSCIUTTO DAGLI OCCHI. Stamane la Gazzetta dello Sport titola in prima pagina e a caratteri da finale mondiale: "Juve, non così", con chiara allusione al gol di Zalayeta ed al rigore non concesso a Marazzina.

Un giornale "normale" avrebbe dedicato ai presunti torti arbitrali, volendo esagerare, un intero articolo. La Gazzetta no. Trattandosi di sviste a vantaggio della Juve, i direttori e i redattori della carta igienica rosa hanno voluto fare come al solito le cose in grande, dedicando alle moviole, ai sospetti ed alle polemiche ben due paginone.

Viene da chiedersi come mai nelle giornate precedenti di campionato gli integerrimi Verdelli e Cannavò non abbiano destinato il medesimo spazio per raccontare e documentare l'inverosimile sequela di torti arbitrali a danno della Juventus.

Un doppiopesismo proprio di questo squallidissimo quotidiano e dei suoi servili direttori, che ricordiamolo sempre, sono al soldo di Rcs. Non si riesce a comprendere come un così grande gruppo editoriale abbia potuto mettere un giornale così importante nelle mani di due personaggi del genere.

Un mistero che ha un qualcosa di paranormale se consideriamo che la seconda principale azionista di Rcs è nientemeno che la FIAT PARTECIPAZIONI S.P.A., con un pacchetto del 10,291%.


MANNAGGIAKITAMMURT !

12 dicembre 2006

INTERVISTA DOPPIA

Un giornalista intervista Moratti ed Cobolli Gigli: "Presidente Moratti, che ambizioni ha l' Inter di quest'anno?"
Moratti: "Beh, vincere onestamente uno scudetto sul campo".
Giornalista: "E lei, Cobolli Gigli?".
Cobolli: "Beh, tornare dove compete alla Juve, ossia in serie A e l'anno prossimo vincere Scudetto, Coppa Italia, Trofeo Berlusconi, Trofeo Birra Moretti, Trofeo FIAT,Trofeo TIM e nei prossimi due anni Champions League e Mondiale per Club".
Il giornalista allora replica a Cobolli: "Non crede di essere un po' troppo ambizioso ?"
Cobolli: "Forse, però ha iniziato Moratti a spararle grosse...".


Da Barza Inter

Per non DIMENTICARE _ breve storia di calciopoli_




L’inchiesta di “calciopoli” è partita non per fare pulizia nel mondo del calcio ma per punire una sola squadra, la Juventus.


Quando si è visto che i dati emersi contro la Juve erano poca cosa e che la fase dei giudizi sarebbe iniziata troppo tardi (a luglio, se non ad agosto) e quindi a campionato già definito, si è deciso di creare subito lo scandalo rendendo pubbliche alcune intercettazioni (cosa peraltro illegale, ma tant’è!).


A rendere lo scandalo operativo ha poi immediatamente provveduto il linciaggio mediatico (Tv e giornali), che ha deciso le sentenze prima ancora che incominciassero i cosiddetti processi. Di più: che ha creato un’opinione diffusa di colpevolezza totale della Juventus, ingannando persino parecchi dei suoi sostenitori.

Questa, a mio avviso, è la storia di calciopoli. La Juventus, devono saperlo i suoi tifosi, in particolare quelli che si cospargevano il capo di cenere, non è colpevole, ma è vittima della più ipocrita campagna moralistica che si sia vista nel mondo del calcio italiano. Infatti, come sappiamo, sin da subito la proprietà decise di sostituire completamente la dirigenza della squadra: una scelta che risponde al nobile principio per cui è sufficiente il sospetto nei confronti delle proprie attività per sospendere o allontanare le persone che sono all’origine del sospetto.

Un principio quasi del tutto estraneo alla mentalità italiana, tant’è vero che non è stato tenuto in nessun conto; mentre è stato premiante l’atteggiamento opposto (Berlusconi “ordinò” a Galliani di rimanere al suo posto).

In realtà nessuno voleva pulizia e giustizia (tanto meno i falsificatori di passaporti: quelli milanesi, certo, e quelli romani di cui neppure si parla più). Si voleva soltanto affossare la Juve.L’ex- procuratore federale De Biase (che ovviamente della materia se ne intende) ha spiegato che in base a ciò che è emerso la pena corrispondente poteva essere di due punti di penalizzazione più una grossa multa.

In altre parole: la Juventus è stata vittima di un’ingiustizia colossale. Molti, adesso, lo riconoscono. Lo dicono ora, a cose fatte e concluse; ma si sono ben guardati dal dirlo quando a qualcosa poteva servire. E si riferiscono alla penalizzazione in B, non al fatto che è la retrocessione ad essere una clamorosa ingiustizia.

La pena al massimo avrebbe dovuto essere la stessa data al Milan, che come notava Baldassarre, già presidente della Corte Costituzionale, risulta avere avuto colpe non meno lievi della Juve: cioè la A con qualche punto in meno e la Champions in più (si noti che ancora domenica sera Berlusconi ha dichiarato che si aspetta l’annullamento di ogni penalità). Invece la Juventus è stata condannata ferocemente: non per un qualche illecito, ma perché colpevole di vincere troppo e di non essere né di Roma né di Milano.

A mio avviso, chi non riconosce queste ovvie verità o non ha capito niente o fa finta di non capire.Ancora una cosa: l’azionariato popolare. A noi di Juve 2006 sembra un’ottima idea. Se tale sembrerà anche alla proprietà, la Juventus potrà stabilire un nuovo primato. Sarà la prima in Italia ad essere come il Barcellona e il Real Madrid.
( pubblicato su Tuttosport del 24 ottobre 2006 )


03 dicembre 2006

DAL WEB

INTERVISTA ESCLUSIVA
Bergamo: "Calciopoli?Uno scandalo pilotato dall'alto"L'ex designatore, uno degli imputati eccellenti di Calciopoli, parla per la prima volta dopo i processi e lo scandalo che hanno minato la credibilità e l'immagine del nostro calcio: "Io parlavo con tutti, qualcuno ha selezionato le intercettazioni. Perchè non c'è l'Inter? mancano dirigenti e allenatori"


Ha mai risentito quelle telefonate scandalose?
«Non serve, le ricordo tutte molto bene. Ma non solo quelle, ce ne sono moltissime altre».

Pentito?
«E di cosa? Parliamo di uno scandalo che non esiste, io ho fatto soltanto il mio dovere di designatore. Al telefono tenevo rapporti con i miei dirigenti federali e le società, con alcuni allenatori e gli arbitri perché non era vietato dai regolamenti. E poi perché parlando venivo a conoscenza di situazioni, si svelavano retroscena, capivo meglio l’andamento delle partite e gli umori degli addetti ai lavori fin dentro lo spogliatoio. Lo scopo? Svelenire polemiche, ottenere maggiore serenità e arbitraggi migliori».

L’impressione è che lei parlasse soprattutto con Moggi e gli amici di Moggi. Con il vice presidente federale Mazzini e con le squadre amiche di Mazzini. Tutto per favorire una bella combriccola….
«Già, la famosa cupola. Ora non esiste più neanche per Borrelli, ma averla ipotizzata è stato l’errore più grossolano e devastante»

Ci sono le intercettazioni che parlano…
«Appunto. Il giallo o, se vuole, il mistero è proprio questo. Io parlavo con tutti i dirigenti e con tutte le società. Ripeto e sottolineo: tutte. Perciò mi chiedo: come mai agli atti ci sono soltanto le telefonate con qualcuno? Perché mancano tutte le altre?».

Quali?
«Con le figure istituzionali tutte. Con il vice presidente Abete, durante le Olimpiadi di Atene, abbiamo parlato per ore. Era assolutamente normale».

Chi era il telefonatore più insistente?
«Giacinto Facchetti. Parlarne mi addolora per l’amicizia che ci legava dagli anni sessanta e per la prematura scomparsa, ma la sua società, l’Inter, si lamentava più di tutte».

E di cosa?
«Facchetti era sempre scontento ed io lo capivo perché l’Inter faticava a vincere. Sospettava di tutto, molti arbitri non gli erano graditi, le griglie non gli piacevano, Juve e Milan gli facevano paura».

In concreto, cosa ha fatto lei per andargli incontro?
«Ho sempre messo i nerazzurri nella fascia di sorteggio con Juve e Milan. Poi ho cercato di spiegargli certi errori per convincerlo che non c’era prevenzione. Ho tenuto con l’Inter rapporti molto stretti, ho anche invitato Facchetti a cena. Ci tenevo a fargli vedere la mia casa, il mio tenore di vita, volevo dimostrare la mia assoluta indipendenza economica. Non avevo bisogno di nessuno».

E con Moratti che rapporti c’erano?
«Corretti. Dopo il drammatico 5 maggio 2002 , quando l’Inter perse lo scudetto a Roma con la Lazio all’ultima giornata, mi sentii molto coinvolto emotivamente. Volli fargli sentire la mia vicinanza da uomo di sport e ci incontrammo a cena con mia moglie nella sua residenza estiva».

Chissà come si sfogava Sensi…
«Con lui ho avuto vari contatti assolutamente seri. Certo, si lamentava dello strapotere economico e conseguentemente tecnico del nord, temeva la Juve e il Milan, non voleva certi arbitri, altri li caldeggiava, il tutto per mera scaramanzia. Il sorteggio e le griglie obbligate mettevano tutti d’accordo».

Le griglie di Moggi…
«Conosco Luciano da più di 30 anni. Conservo ancora una foto con lui scattata nel 1976 negli spogliatoi dell’Olimpico. Ha una famiglia splendida. Sono stato più volte con mia moglie a casa sua a Monticiano, conosco anche il babbo e la mamma che hanno più di 90 anni. C’è stima reciproca, mi onoro ancora della sua amicizia, se ha commesso errori ne risponderà. Vedremo. Lui è uno che lavora venti ore al giorno, del calcio sa tutto come nessuno. Quei nomi di arbitri che fa in una telefonata scherzosa erano obbligati. Non avevano diretto la domenica precedente, non c’erano altre soluzioni tecnicamente idonee. E poi tutto finiva dentro un’urna, quegli arbitri potevano toccare a Milan e Inter, non solo alla Juve. Non decideva Moggi, ma il sorteggio».

Taroccato...«Hanno cercato di dire anche questo, sono state addirittura scritte le modalità per truccare il sorteggio. E’ un accusa ridicola caduta in fretta quando si è capito meglio che al sorteggio partecipavano i giornalisti ed un notaio controllava le operazioni».

Però Moggi incideva…
«Ma quando mai. In un anno di intercettazioni, c’è solo una telefonata. In altre, Moggi mi critica per certe decisioni e per certi arbitraggi».

E Galliani chiamava? «Pochissimo, anche se ci conoscevamo da quando era un dirigente del Monza. Lo incontravo a Milano quando andavo a vedere gare importanti. Il rapporto istituzionale quale presidente di Lega è stato assai corretto. Del Milan parlavo con Meani».

Come mai andò a cena con i Della Valle? «Mazzini mi riferì del loro disagio che era anche il nostro. In effetti la Fiorentina quell’anno subì parecchi errori, i Della Valle pensavano ad una ritorsione per la loro presa di posizione contro il Palazzo. Accettai di incontrarli per spiegarmi, fui io a decidere di andare in un ristorante e non a Coverciano: non avevamo niente da nascondere».

Cosa successe dopo?«Nelle ultime tre giornate di campionato promisi che la Fiorentina e le altre squadre in lotta per la retrocessione sarebbero state inserite nella medesima griglia con gli stessi arbitri, i più esperti. Gli errori non finirono, alla terz’ultima e alla penultima giornata di campionato in Fiorentina-Atalanta e Lazio-Fiorentina ne furono commessi ancora ed erano decisivi ai fini del risultato».

Però Lecce-Parma finì in un pari benedetto…
«Qualcuno dovrà spiegare come si possa pensare ad un illecito perché io ho parlato con De Santis prima della gara come facevo con tutti gli arbitri. Lui mi dice che è una gara difficile e precisa: ‘Io mi metto in mezzo’. Lo incoraggio ad essere il migliore in campo con un augurio: ‘Vincila tu questa partita’. La Fiorentina si è salvata in quest’ultima giornata perché ha battuto il Brescia che conseguentemente è retrocesso e per una serie di altri risultati. Il pari in Lecce-Parma da solo non bastava, bisognava truccare quasi tutte le gare di quella giornata».

Chi le telefonava tra le società più piccole?
«Spesso Cellino del Cagliari. Sosteneva che i nostri giovani arbitri non erano all’altezza e dovevamo cambiare le metodologie di selezione dalle categorie inferiori. Parlavo anche con Cipollini del Bologna, Foti della Reggina, Sacchi del Parma e Zamparini nonostante lui oggi lo neghi. Vorrei ricordargli le proteste dopo un rigore in Samp-Palermo…».

In buona o cattiva fede, gli errori erano comunque moltissimi…
«Nei primi quattro anni del nostro mandato le cose sono andate bene. Purtroppo, Collina a parte perché la sua figura è irripetibile, finita l’epoca di fuoriclasse come Braschi e Cesari e di buoni arbitri come Trentalange, Borriello e Treossi, non abbiamo avuto più rimpiazzi se non Paparesta».

Chiuso in uno spogliatoio…
«Ha sbagliato a fare certe telefonate e per questo è stato giudicato».

E Rosetti?
«Lo abbiamo sostenuto, ma non è un grande arbitro. E’ discreto solo quando è in piena forma, ha fatto un buon mondiale, ma non ha la facilità di arbitraggio e la classe di Paparesta».

Ma non le sembra che il sistema risentisse dello strapotere di Juve e Milan?
«Erano le squadre più forti d’Europa, come dimostra la finale italiana di Manchester in Champions. Logico che vincessero. Ma nei nostri sei anni i primi due scudetti sono stati conquistati da Lazio e Roma e l’Inter lo ha perso nel terzo anno quando lo aveva già vinto. Tra le retrocesse non c’è mai stata una lamentela. Ricordo solo una polemica forte della Roma, ma io chiesi scusa pubblicamente a Sensi, i giallorossi furono davvero tartassati. Ma dai tabulati mancano anche queste telefonate… ».

Fatte a chi?
«Fabio Capello. Dopo quella stagione ci siamo sentiti spessissimo. Lo convinsi che era il suo nervosismo in panchina e quello della squadra a indurre più facilmente gli arbitri all’errore con la Roma. Non c'era malafede e lui lo capì».

Certe telefonate di Carraro sono da brividi…
«In effetti queste sono le intercettazioni più inquietanti. Lui chiedeva delle cose imbarazzanti, ma io gli ho tenuto testa fino alle male parole. E anche queste telefonate dimostrano la mia indipendenza. Carraro in una recente intervista ha detto che ha assistito ad una vicenda aberrante. Ha perfettamente ragione, basti ricordare gli avvenimenti più salienti della sua presidenza, da come è stato eletto, all’allargamento dei campionati di A a 20 squadre e di B a 24, al diverso trattamento ai club da parte del sistema finanziario nel quale ricopre un ruolo determinante. Non poteva essere un presidente federale super partes».

Perché non ha denunciato prima certe situazioni….
«Non stava a me contestare cose che si vedevano alla luce del sole. Il mio compito era quello di allenare la tecnica e la mente degli arbitri e convincere la federazione che fossero indipendenti economicamente».

Una bella guerra…
«Tra nord e sud, tutti volevano vincere ad ogni costo. Il calcio negli ultimi anni è stato questo. C’era la corsa alle risorse dei diritti tv, la loro ripartizione faceva la differenza tecnica».

E voi eravate condizionati…
«Mai. Le uniche pressioni arrivavano da certe trasmissioni televisive. Sapevamo che i nostri errori contro il Milan avevano una tremenda cassa di risonanza sulle reti Mediaset, mentre il Processo del Lunedì difendeva l’Inter sulla tv di Tronchetti Provera. Anche la carta stampata faceva la sua geopolitica, mai però tutto questo ha determinato condizionamenti, semmai ci aiutava a capire».

Però le telefonate intercettate sono squallide…
«Per come sono state estrapolate, fuori da ogni contesto. Per quello che si dice di volgare, per certe frasi. Ma sfido a registrare chiunque, sarebbe lo stesso. Il problema è un altro».

Quale?
«Si è montato un processo mediatico. In questa vicenda non c’è nulla di illegale. Non gira denaro, non ci sono regali importanti, carriere montate ad arte. Vorrei sapere che fine hanno fatto le 26 partite truccate delle quali tutti hanno scritto a nove colonne. Le accuse di illecito sportivo sono cadute, resta solo Lecce-Parma. L’avremmo truccata io, Mazzini e De Santis? Siamo seri!».

L’inchiesta è pilotata?
«Le intercettazioni di sicuro. Come ho detto, qualcuno ha scelto alcune registrazioni e ne ha buttate altre che non servivano a un disegno preciso».

Allora c’è un Grande Vecchio?
«Ne sono sicuro. Spero che le indagini extra-calcio in corso facciano chiarezza. Forse non è un caso isolato se De Santis ed io eravamo pedinati e intercettati. E poi mi chiedo: perché l’inchiesta archiviata a Torino è stata riaperta un mese dopo a Napoli?».

La Juve però ha dichiarato subito la colpevolezza…
«Un errore, apparentemente incomprensibile. Nessuna società butta a mare i suoi dirigenti più importanti prima di un processo o di prove provate!».

Ma perché lei si è dimesso dal calcio?
«Perché ho capito durante il processo che non avrei avuto la benché minima possibilità di difendermi: le sentenze erano già scritte».

Guido Rossi aveva promesso pulizia seria…
«E invece lui, Ruperto e Borrelli hanno commesso importanti errori. Sono entrati in un mondo che non conoscevano, con rapporti, amicizie, vezzi, consuetudini e parole che girano senza che mai si oltrepassi il senso di un leale rapporto fra addetti ai lavori. Non si poteva fare un processo serio in tre settimane, non si può condannare senza prove: l’hanno fatto. A Borrelli propongo un confronto pubblico per dimostrare se Calciopoli esiste o è una montatura».

Lei chiede una revisione seria di quello che è successo, è possibile?
«Il presidente del Coni Petrucci ci ha provato, ma non interessa a nessuno. La macchina è ripartita, i campionati si giocano. Cosa vuole che importi di Bergamo, di Mazzini o di qualche altro che è ancora sotto psicofarmaci!».

Non si sentirà mica un nuovo Enzo Tortora?
«Ho il massimo rispetto per la vicenda umana di Enzo Tortora, non voglio fare simili confronti. Certo è che sono stato accusato ingiustamente nonostante sia un uomo pulito da sempre, come arbitro prima come dirigente poi. Mi resta un’unica convinzione: dal processo di Napoli verrà fuori la verità».

di Enzo Bucchioni